L'ARTE DI LASCIARE ANDARE
mente (cervello)
11 novembre 2021
L'arte di lasciare andare | Stefano Manera Blog

Lasciare andare significa mollare gli ormeggi.
Significa liberarsi dai nostri attaccamenti.
Significa anche comprendere che non possiamo possedere una persona o una situazione e questo, inevitabilmente, può comportare una sensazione di perdita, di smarrimento.
Lasciar andare è, in definitiva, accettare l'impermanenza di tutte le cose.

 

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Cosa ci insegna l'autunno?
Che dobbiamo lasciar andare le cose che non ci nutrono più.
Che nella malinconia c'è una bellezza struggente.
Che per poter voltare la pagina bisogna trovare il coraggio di far cadere le foglie secche,

a costo di lasciar spoglio e freddo il nostro ramo.
Solo così un giorno potranno nascerci nuovi germogli.

(Catherine Black)

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"Lasciar andare" significa non forzare le cose, lasciare che "fluiscano" naturalmente, consapevoli del fatto che lottare insistentemente per qualcosa da cui non trarremo frutti, può precluderci la scoperta di nuovi traguardi, nuove cose o persone che potrebbero renderci felici.
Comporta quindi l'accettazione del fatto che alcune cose "sono come sono" e che giudicarle o tentare di cambiarle (quando non se ne ha il potere o semplicemente il diritto), comporterebbe un inutile spreco di energie.

Accettare non significa rassegnarsi e "sopportare" passivamente ogni cosa, ma osservare la realtà dalla giusta prospettiva passando dal ruolo di "spettatori" (o "vittime") a quello di "protagonisti".
Accettando, abbandoniamo la pretesa di cambiare "l'immodificabile", per trovare altre strade, concentrandoci su noi stessi, sui nostri progetti e su ciò che può migliorare la qualità della nostra vita.
La rassegnazione, al contrario, implica passività, portandoci a credere di non essere padroni del nostro destino.

 

L'attaccamento è necessario durante l'infanzia per stabilire una relazione con i genitori e il mondo. In quella fase della vita è funzionale.
Successivamente, l'attaccamento sarà anche necessario per stabilire legami di intimità e amore con gli altri ma è altrettanto necessario imparare a lasciare andare.

Lasciare andare fa male, ogni volta che sentiamo lo strappo del distacco, anche una parte di noi muore.
L'intensità di questo dolore dipenderà, in larga misura, dal nostro livello di auto-consapevolezza, così come dall'allenamento alla capacità di lasciar andare.

 


Ci aggrappiamo spesso a:

  1. Persone. Nei casi più estremi questo si traduce in dipendenza emotiva.
  2. Luoghi. A volte viviamo un trasloco con un dolore insospettato, come se parte della nostra identità rimanesse lì, in quella casa che ci siamo lasciati alle spalle. Lo stesso può accadere con i propri oggetti.
  3. Credenze. Questo diventa evidente quando, guardando la storia dell'umanità, vediamo le innumerevoli volte che abbiamo ucciso in nome di idee (che, per inciso, accade ancora oggi).
  4. Immagine di noi stessi. Potrebbe non essere così facile comprendere le idee che abbiamo su noi stessi; idee che, quando vengono meno, comportano un'intima perdita.
  5. Gioventù. In un momento storico in cui la gioventù è quasi idolatrata, sembra che nessuno voglia invecchiare. L’invecchiamento, in questo senso, può essere vissuto come una grande perdita: perdita di attrattiva, potere, importanza.
  6. Piacere. Istintivamente cerchiamo il piacere, rifiutando ciò che odora di dolore. Società dell'edonismo. Paradossalmente, questo aggrapparci provoca più angoscia e paura: paura che il momento del piacere finisca e che arrivi il terribile dolore.
  7. Pensieri. La nostra mente agisce, spesso, come una "macchina ruminante": tendiamo ad aggrapparci e identificarci con i pensieri, girando in un circolo vizioso.
  8. Emozioni. È comune rimanere "agganciati" alle proprie emozioni. Quando abbiamo una bassa gestione emotiva, siamo più facilmente coinvolti nei nostri climi emotivi.
  9. Il passato. Aggrapparsi al passato lascia poca disponibilità alla vita. Quando ci aggrappiamo a ricordi dolorosi del passato, il rimuginare può portare a una tendenza alla depressione.
  10. Aspettative. "Quello che succede è l'opzione migliore dell’universo”, dice José María Doria – psicoterapeuta transpersonale – ma sembra che non la viviamo sempre così. L'attaccamento alle nostre aspettative – a ciò che supponiamo "dovrebbe essere" – può comportare una grande "perdita di energia vitale".

 

Ci sono 3 situazioni che condizionano significativamente la nostra capacità di lasciare andare.

  • Il timore della perdita e del "vuoto emotivo". Paura che induce ad aggrapparsi in maniera ostinata a ciò che chiaramente ha dato segnale di non voler essere più trattenuto.
  • La continua ricerca di sicurezza. Ragione per cui spesso inneschiamo un circolo vizioso fatto di continui ritorni al passato e proiezioni future, che ci porta a perdere completamente il piacere di vivere nel "qui ed ora".
  • Una concezione negativa del cambiamento. Che può spaventare a tal punto da ancorarsi a persone, legami o situazioni che pur procurando sofferenza, mantengono lo status quo e danno l'illusione di conservare un certo "equilibrio".

 

Come "allenarsi" ad accettare e lasciar andare?

  1. Il primo passo è identificare ciò a cui solitamente ci aggrappiamo, in un percorso di autoconsapevolezza che spesso implica il cambiamento di alcune credenze e schemi di pensiero a cui si è fatto riferimento per dare un ordine logico alla propria vita. Questo percorso comporta un atteggiamento non bellicoso: quando lasciamo andare, smettiamo di combattere con ciò che la vita pone sulla nostra strada.
  2. Il secondo passo è prendere coscienza di come la nostra mente tende a giudicare come "buono o cattivo" ciò che viviamo e ignorare questi giudizi. Mentre la nostra coscienza si allinea con il movimento della vita stessa, dispieghiamo una maggiore capacità di accettazione, che è strettamente legata alla capacità di lasciare andare.

 

Possibili indicazioni:

  • Alleggerire il carico delle aspettative, che se troppo ambiziose, generano ansia e frustrazione.
  • Evitare di pensare che la felicità corrisponda all'avere, al possedere.
  • Prestare attenzione alla nostra dimensione corporea, che è strettamente legata alla dimensione mentale, riappropriarsi della capacità di "sentire", elemento primario dell'accettazione.
  • Rinunciare al tentativo di controllare ogni cosa, il controllo è infatti il più grande antagonista dell’accettazione.
  • Prendersi cura di sé, mettendosi in ascolto dei propri bisogni e rivolgendosi quotidianamente pensieri e gesti amorevoli.

 

Accettare ed accettarsi vuol dire mettersi al centro della nostra esistenza, lasciar andare le vecchie abitudini negative, le credenze distorte su noi stessi e sugli altri, i legami e le situazioni che non ci gratificano, per darci l'opportunità di vivere il presente con apertura e consapevolezza, facendo dell'oggi, di ogni oggi, "il primo giorno del resto della nostra vita".









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