DIVENTIAMO PROTAGONISTI DELLA NOSTRA VITA
mente (cervello)
7 luglio 2022
Diventiamo protagonisti della nostra vita | Stefano Manera Blog

"La vita siete voi stessi, e se la vita è difficile da sopportare è perché è molto difficile sopportare se stessi.
Questo è il fardello più grande, la prova più grande."

C. G. Jung (1875 –1961)

 

Così scriveva Jung a proposito del "mal di vivere" e della grande difficoltà di "restare con se stessi" e con tutto ciò che c'è: la gioia, il dolore, la felicità, la sofferenza, ovvero l'essere umani.
La vita spesso può sembrarci insopportabile per un motivo molto semplice: non ci conosciamo abbastanza e questo ci lascia vulnerabili al nostro sentire.
Vulnerabili e indifesi.
Non conosciamo più le nostre origini e abbiamo perduto la connessione con il Sé e con il grande Spirito, lasciando campo libero alla forza ammalante.


Il famoso filosofo e maestro armeno George Ivanovic Gurdjieff (1877 - 1949) utilizzava spesso la metafora della carrozza per descrivere la condizione dell'essere umano.
Nella sua celebre illustrazione egli riconduceva l'essere umano ad una carrozza che trasporta un uomo, trainata da cavalli condotti da un cocchiere.
I cavalli rappresentano le emozioni, il cocchiere rappresenta la mente, la carrozza il nostro corpo, mentre l’anima (la coscienza) è il passeggero.
Gurdjieff sottolinea che, nella maggior parte della nostra vita, il passeggero è dormiente. Di conseguenza la carrozza viene lasciata nelle mani della mente e, nella peggiore delle ipotesi, delle emozioni.
Da questo deduciamo che se non è l'anima (la coscienza) a guidare la nostra vita, saremo in preda alla mente e alle emozioni, con le inevitabili conseguenze di restare invischiati nell'attaccamento o nella repulsione, ovvero nei nostri principali parassiti psichici.
In questo contesto le emozioni risultano la forza trainante che fa andare avanti la carrozza, ma non possono andare senza direzione, c’è bisogno del cocchiere che li indirizzi.
Ma se il cocchiere non è presente o non è in grado? Ecco che allora saranno le emozioni a prendere possesso dei comandi, come dei cavalli al galoppo a briglia sciolta: che guaio!
Il lavoro che dobbiamo fare è quello di ascoltare il passeggero, la nostra anima che sa sempre qual è la direzione giusta da prendere, mentre il cocchiere (la mente) deve semplicemente condurre la carrozza e governare le emozioni.


La metafora si sposa perfettamente con la realtà, basti pensare a come i vari elementi sono collegati: i cavalli sono legati alla carrozza tramite delle staffe rigide, che quindi rendono la carrozza (il nostro corpo) estremamente sensibile al movimento dei cavalli (le emozioni).
Non solo, il nostro corpo diverrà manifestazione stessa delle nostre emozioni attraverso la patogenesi.
Il cocchiere (la mente) comanda i cavalli con le redini, che non sono rigide, quindi il controllo delle emozioni non è sempre così ferreo ed efficace, ma può talora essere poco efficace o sfuggire completamente di mano: ci vuole molta dimestichezza e concentrazione per tenere a bada i cavalli.
Dimestichezza e concentrazione che ritengo possano essere allenate e raggiunte attraverso la profonda conoscenza di se stessi, incarnando gli insegnamenti dei Maestri o attraverso la pratica assidua e incessante del Dharma.

 

Nella metafora di Gurdjieff, il grande problema è che il cocchiere riceve le indicazioni dal passeggero solo attraverso la voce, che è un collegamento molto labile e soggetto a tante interferenze.
È esattamente quello che succede nelle nostre vite: di solito la nostra mente agisce da sola senza ascoltare il proprio vero Sé (la voce del cuore), confusa dal forte rumore di fondo rappresentato nella metafora dal frastuono delle ruote e dai cigolii della carrozza, oltre che dallo scalpitare degli zoccoli sul terreno e dai violenti nitriti dei cavalli.
Nella realtà dai nostri malesseri fisici e dai nostri pensieri ossessivi, compulsivi, rimuginanti e incontrollati che affollano continuamente la nostra mente.
E i pensieri creano, prendono forma, così come le nostre emozioni, pronte a plasmare i nostri disagi più profondi, compresi quelli fisici.
Desideriamo davvero essere come una carrozza senza passeggero, lasciata a se stessa, in balia delle emozioni e di una mente incapace di controllarla, frastornata e confusa dal rumore continuo dei pensieri?


Gurdjieff in sostanza faceva notare ai suoi allievi come spesso la voce della coscienza non è udibile oppure che essa può essere assopita (il passeggero che si addormenta) e proprio per questo la necessità di risvegliarla, togliendo il "pilota automatico" che gestisce la nostra macchina biologica, affinché il
passeggero possa godere effettivamente del viaggio, diventandone il protagonista.
Proprio questo sembra essere un periodo in cui ancora molti di noi vivono in modo addormentato, distaccati dalla propria anima e guidati dall'inconscio, tuttavia il risveglio della coscienza è possibile, anzi, pare essere sempre più diffuso.


La prima cosa da fare è iniziare a praticare, a osservare e calmare la mente:
Cosa sentiamo? Dove lo sentiamo?
Quali sono i nostri schemi mentali e abitudini che condizionano la nostra vita?
Qual è la nostra vocazione più autentica?
Ricordiamo ancora i bambini che siamo stati?
Proprio da qui possiamo iniziare un percorso di consapevolezza per ritrovare la nostra direzione, rimetterci alla guida della nostra carrozza ed essere protagonisti di questo viaggio chiamato vita.









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