SI PUO' IMPARARE LA COMPASSIONE?
mente (cervello)
6 febbraio 2023
Si può imparare la compassione? | Stefano Manera Blog

Si può imparare la compassione?
La compassione significa "sentire con chiarezza la sofferenza dell'altro", sentirla con intensità. Non sentirla estranea, ma riconoscerla.

La riconoscenza è sempre importante, così come la gratitudine.
Tutti possediamo la qualità della compassione. Tuttavia esistono condizioni che la possono ridurre sino a nasconderla e questo può diventare un problema.

I traumi vissuti nell'infanzia, per esempio, possono essere una causa per la quale molte persone non sono più in grado di contattare la fonte originaria della loro compassione.

È importante riattivarla, dunque; è importante ritrovare un elemento attivatore, un evento significativo che ci ha fatto riflettere, come la morte di una persona cara, una separazione, la fine di una storia d'amore o di un lavoro, ma anche un evento gioioso come la nascita di un figlio o l'incontro con una persona speciale.

Generalmente l'evento attivatore è un accadimento che fa vibrare in modo diverso le nostre corde emotive, che ci scuote nel profondo e da cui difficilmente possiamo uscirne uguali a prima.


A volte questi attivatori sono molto evidenti, altre volte meno.
Dobbiamo impegnarci un po' per trovarli, ma tutti possediamo la qualità della compassione nel nostro cuore.

Il Dalai Lama disse che amore e compassione non sono elementi di cui possiamo fare a meno e che senza di essi la vita stessa non esisterebbe, amore e compassione sono elementi fondanti delle nostre relazioni.
Le neuroscienze dicono chiaramente che la compassione ha effetti meravigliosi, ad esempio stimola il nostro fare, attivando infatti l'area motoria del cervello.

Provare compassione stimola l'azione.

La compassione stimola inoltre la neurogenesi, cioè la sintesi di nuove sinapsi, in poche parole è un anti aging naturale e attiva anche il sistema immunitario, permette cioè la sintesi di quelle citochine che che riducono il nostro stato infiammatorio.

Come vedete, ci sono tanti vantaggi a vivere nella compassione.

Come fare? è possibile imparare? Prima di tutto dobbiamo elevare il nostro pensiero per imparare a sentire noi stessi, le nostre sofferenze, i sentimenti, per non restare invischiati nelle emozioni che ci legano come la rabbia, la gelosia e l'invidia, che sono le forme più primitive del nostro sentire. 

 

Un'autrice con esperienza enorme, grande maestra per quanto riguarda la compassion based medicine, Joan Halifax, ha creato un metodo semplice, definito con l'acronimo G.R.A.C.E. 

Esso si suddivide in 5 punti:

 

1. Gathering attention (RACCOGLI L'ATTENZIONE in quello che fai e che ti circonda) attraverso azioni di focus, grounding e balance;
2. Recalling intention (RICHIAMA L'INTENZIONE di fare): richiama la risorsa della motivazione;
3. Attuning to self/other (CONNETTITI col tuo sè e con l'altro): senti la risonanza affettiva;
4. Considering (CONSIDERA LE RISORSE a disposizione, cosa ti servirà);
5. Engaging (AGISCI E PORTA A TERMINE IL TUO COMPITO).

 

Questa è l'interazione. La partenza è sempre quella di fermarsi e ascoltarsi. Ascoltare il corpo, il respiro, connettersi, radicarsi, restare in ascolto tutto il tempo, in ogni istante della nostra vita. Non possiamo permetterci di essere in balia di quello che succede fuori da noi.

 

Come fare per ascoltarci davvero? Come capire se ciò che sentiamo è davvero il nostro sè più profondo, la nostra autentica vocazione?
Questo fa parte dell'esperienza, con la pratica arriviamo ad affinare in nostri sensi per entrare in risonanza. All'inzio è difficile e richiede costanza (la pratica, appunto), ma perseverare nella presenza svela: con il tempo comprenderemo quando saremo in dissonanza.

La cosa meravigliosa è che anche in terapia succede così: la persistenza del contatto svela. Crea un campo tale che toglie di torno tutto il superfluo, per questo serve praticare regolarmente e assiduamente. Ad un certo punto arriva ciò che prende nome di insight, cioè vedere dentro.

Succede esattamente così e lo possiamo fare tutti. Bisogna semplicemente restare nell'ascolto.

 

Come fare un po' di posto in una mente troppo occupata da altro?

Qualsiasi cosa viene respinta fuori. Dobbiamo avere il coraggio di uscire dalle nostre identificazioni, dalle nicchie in cui ci siamo chiusi e che ci siamo creati per conferirci un'identità, perché tutti noi, alla fine, crediamo davvero di essere ciò che non siamo, ecco perché è fondamentale disidentificarsi.

Non ci sono trucchi particolari, solo tanta pratica.

 

A volte possiamo avere la sensazione di sentire troppo e che metterci sempre nei panni degli altri ci possa portare a perdonare sempre tutti tranne noi stessi.
C'è molto fraintendimento in questo, metterci sempre nei panni degli altri non è compassione, metterci nei panni degli altri è empatia e quando esagero nel sentire empatico il rischio è di restarvi imbrigliato, finire in una trappola emotiva da cui non si riesce più ad uscire.

Farsi carico delle sofferenze altrui ci può far crollare e rappresenta un eccesso, l'empatia è fondamentale, ma deve essere il trampolino per poi agire nella compassione, dobbiamo evolvere, fare uno scatto di qualità per permetterci di sentire l'altro e tornare altrettanto rapidamente al nostro equilibrio.

Per non rimanere schiacciati dal dolore e dalla sofferenza.

 

Questo post è stato tratto dal webinar di Macrolibrarsi la cui registrazione è disponibile QUI.

Di questi temi ho parlato ampiamente nel mio libro QUESTO NOSTRO IMMENSO AMORE









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