IMPARIAMO A STARE COL NOSTRO DOLORE
mente (cervello)
13 agosto 2022
Impariamo a stare col nostro dolore | Stefano Manera Blog

Oggi sento di aver ricevuto una piccola benedizione.

 

Come si fa a definire piccola una benedizione?

So che è piccola come una pietra preziosa perché quando è scesa su di me questa mattina, mentre ero seduto sul mio zafu, mi è entrata dalla testa come una carezza ed è rimasta a lungo dentro il mio corpo.

Nel corso delle ore si è espansa ed è cresciuta fino a riempirmi completamente.

 

Ora, nel silenzio della notte appena passata, non ho più avuto spazio per tenerla dentro e il mio dentro si è fatto così ampio che è diventato anche il fuori e tutto ciò che mi sta intorno.

La piccola benedizione è diventata tanto vasta da scendere, come la nebbia che ammanta le colline in certe mattine più fresche, e raggiungere i cuori di tutti gli esseri che mi è possibile immaginare.

Talmente grande da calare su ogni lenzuolo di terra dove mai poserò piede.

Siate cauti quando sentirete entrare in voi una piccola benedizione, ma lasciate che resti quanto vuole, lasciate che si estenda quanto le è possibile, stiracchiatevi con lei e visitate mondi nuovi e nuove possibilità.

 

La mia piccola benedizione mi permette oggi di rispondere alla domanda che sento porgere più spesso a me e ai miei colleghi medici o psicoterapeuti:

"Come posso fare per imparare a stare col mio dolore?"


Nessuno può portare la croce di un'altra persona, nemmeno il medico o lo psicoterapeuta la cui unica funzione si riassume nell’atto altamente terapeutico dell’ascolto.
Ascoltare è una capacità comune a molti, una madre, un padre, un fratello, un amico, un parente, un passante.
Tuttavia a ognuno tocca portare fino in fondo la propria croce perché dal dolore se ne esce da soli. Chi sopravvive al proprio dolore rinasce nuovo e più forte.


Se sapessimo che ogni parola, così come ogni silenzio potrebbero essere gli ultimi, ne comprenderemmo ancora di più l’immenso valore terapeutico e ci stringeremmo a loro senza alcuna sorta di condizionamento, né di imbarazzo.

Nessuno può portare la croce di un'altra persona, nessuno può essere obbligato ad essere un cireneo.
Allora di fronte alla domanda “come posso fare per imparare a stare col mio dolore?” comprendo che poco importano le teorie studiate, i maestri seguiti e i principi morali che ci sono stati tramandati come dogmi.
Il dolore è la croce che va vista e riconosciuta e su cui dobbiamo salire.


Quello che conta è solo quello che passa attraverso l'esperienza personale sfrondata di tutto il superfluo.

Il vero sapere è solo quello che emerge quando ci immergiamo completamente in noi stessi per comprendere e per vedere esattamente le cose come sono.

 

La comprensione di noi stessi passa attraverso la consapevolezza che quello che viviamo direttamente con autenticità e onestà finisce per illuminare le nostre azioni, finisce per farci capire una volta per tutte la loro direzione e dando finalmente significato al tutto.
Al comprendere segue il fare e il fare può essere semplicemente osservare noi stessi con occhi compassionevoli.


Il fare non è il mettere in atto complicate azioni, ma il fare può essere semplicemente lo stare con tutti noi stessi in un campo di compassione, senza troppe parole e senza troppe azioni.
Questo nostro "fare" però richiede un requisito imprescindibile, cioè deve sempre essere mosso dalla passione che in questo caso vuol dire tornare ad appassionarsi alla vita, tornare ad esserne innamorati, sentirla muovere in e da noi.
Perché siate certi che tanto è l'amore di cui siamo capaci, anche verso noi stessi, ed è proprio questo quello che dobbiamo fare, sicuri che nessuno al mondo lo potrà fare al nostro posto.









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