MEDICINA E ASCOLTO
mente (cervello)
10 agosto 2023
Medicina e ascolto | Stefano Manera Blog

Desidero condividere una riflessione sulla perdita dell'ascolto e sull'atteggiamento neo-religioso della medicina, osservati in questi ultimi anni.
Il Professor Giorgio Cosmacini, docente di storia del pensiero medico all’università Vita-Salute San Raffaele di Milano, scrive: "È un luogo comune dire che la medicina è una scienza. Così non è. La medicina non è una scienza, è una pratica basata su scienze – la fisica, la chimica, la biologia, l’ecologia, l’economia – che differisce dalle altre tecniche perché il suo oggetto è un soggetto: l’uomo."

 

La medicina non è una scienza, ma è una pratica basata su scienze e, aggiungerei io, fondata su un mondo di valori.


C’è stato un tempo in cui gli Inglesi, maestri di biologia e medicina, la medicina l’hanno imparata da noi.
Fa una certa impressione leggere su “Lancet” del 1861 che “il debito dell'Inghilterra verso l'Italia è incalcolabile”. Poi però si è perso tutto.
Cosa si rimprovera oggi ai nostri medici? Di non saper più ascoltare, di non osservare il corso naturale delle malattie e di non aver compreso che prima di agire serve capire.
Un tempo chi studiava Medicina, studiava l'uomo nella sua totalità: la costituzione umana, il pensiero, la filosofia e la letteratura.
La Medicina era un'arte umanistica proprio nel suo processo intrinseco di costruzione teorica.
Lo studente di medicina arrivava per lo più dal liceo classico, abituato a un ragionamento critico, alla cultura, al confronto e all'università affinava la sua curiosità, coltivava, apprezzava e utilizzava il metodo deduttivo e non solo quello induttivo, tipico della matematica o della fisica.


Molti scienziati e grandi pensatori hanno criticato (che non vuol dire abiurare o negare) il pensiero scientifico: Kant, Albert Einstein, Karl Popper, Thomas Kuhn, Imre Lakatos, Paul Feyerabend e Bertrand Russell, per citarne alcuni.
E se questi Signori si sono permessi di avere qualche dubbio, credo che anche i giovani zombie che popolano le attuali facoltà di medicina possano (debbano) svegliarsi e iniziare a pensare con il loro cervello, senza farsi trascinare da chi li (ci) vuole esattamente così.

 

Il pensiero unico, così come quello scientista, fondati solamente sulla fede e sull'unilateralità degli algoritmi, sono particolarmente dannosi in medicina, disciplina complessa che non si risolve in pura oggettività, ma deve considerare e occuparsi dell soggetto nella sua interezza, singolarità e irripetibilità.
La medicina oggi, così come viene proposta, manca di mètis, ovvero di quella intelligenza astuta in grado di vedere soluzioni dove la statistica e i protocolli non sanno guardare, ma manca anche di pensiero critico, ascolto e dialogo.


L’uomo dev’essere un ricercatore di verità.


Educato allo stupore dinanzi al mistero dell’essere, a quel meraviglioso che non sempre rassicura, ma che è insegnamento per una stupefatta umiltà.
La Verità ci precede e ci eccede, ci è svelata e rivelata e in essa noi ci inoltriamo di luce in luce, attraverso la nostra ragione e le nostre domande.


Come scrive Tommaso d’Aquino: “Tu non possiedi la Verità, ma è la Verità che possiede te”.
Ogni attività umana degna di questo nome inizia con la capacità di stupirsi.
Sta a noi sradicare l’atteggiamento neo-religioso e acritico, ri-educando il pensiero umano, coltivando la meraviglia e la passione del pensare.
Non basta istruire, ma occorre educare.
Un io che si apre a un tu, un’identità che si mette in gioco, che si espande in un processo dialogico.
Perché la mente non è una scatola vuota da riempire, ma una fiamma da accendere e mantenere viva attraverso l’attitudine costante di porre domande e risolvere problemi.


Un compito fondamentale per la medicina contemporanea è dunque quello di non perdere di vista la dimensione sistemica e la complessità.

La Medicina che cura deve oggi anzitutto curare se stessa, urgentemente, e comprendere che tutti desideriamo realmente qualcuno che ci tenga la mano mentre guariamo o che sia presente nelle nostre ore più buie.

 

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Immagine:

Il reparto ospedaliero durante la visita del primario - Luis Jiménez Aranda, 1889 (Museo del Prado)









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