MEDICINA UMANISTICA
mente (cervello)
26 settembre 2023
Medicina umanistica | Stefano Manera Blog

"Ostinarsi a cacciare via i sintomi – e poi inevitabilmente il malato – a furia di medicine e di bisturi?

Forse sarebbe sufficiente ascoltarli anziché farli tacere, poiché ecco qui l’uso sbagliato e iatrogeno della nostra potenza (prepotenza) terapeutica."

 

Scrive così il noto psichiatra Jean Claude Lachaud nel suo recente saggio sulla iatrogenìa "Le pouvoir médical source de maladie - essai sur la iatrogénie".

 

In questi ultimi anni si assiste al fenomeno dilagante del fiorire di un interesse sempre più allargato, ma anche sempre più eterogeneo e confuso, per forme di medicina “altra” da quella propria della nostra cultura occidentale, quasi a chiedere altrove quello che la nostra cultura sembra non poter più dare.

Abbiamo assistito al proliferare di definizioni che spesso non corrispondono non solo a precise teorie fisico-biologiche, ma neppure a ben definiti ambiti storico-antropologici.

Si sente così parlare ovunque e disinvoltamente di “medicina naturale”, “medicina alternativa”, “medicina tradizionale”… dove queste definizioni valgono solo come contenitore di un’infinità di proposte terapeutiche anche stravaganti.

Allo stesso modo, notiamo un pericoloso dilagare di personaggi improvvisati che, tuttavia, hanno un grande appeal e che, purtroppo, "mettono le mani" su pazienti disperati, troppo spesso incorrendo nell'illecito di abuso di professione, creando danni di non poco conto: figure non sanitarie che si sostituiscono ai medici, spiritual e mental coach, sciamani e alchimisti autoproclamati, canalizzatori da supermercato, guru di ogni tipo, tutti sempre accomunati da un evidente ego spirituale ipertrofico e che, sempre più spesso, ambiguamente e abilmente mescolano conoscenze approssimative, pseudoscienza, parapsicologia, cialtroneria ed evidenti tecniche manipolatorie.

 

Il senso di tutto questo è dato dallo smarrimento delle persone, dalla perdita di confini e di vicinanza, dal bisogno sempre più evidente e intenso di un ritorno a una dimensione più umana, che consideri l'individuo nella sua interezza e globalità.

 

Da qui parte la necessità di proporre una definizione in grado di definire e specificare un particolare approccio al "problema salute", tale da non generare confusioni.

La definizione che penso possa essere giusta e corretta è “medicina umanistica”.

 

Tale definizione nasce da un approfondito dibattito culturale che non vuole certo rinnegare l’importanza della medicina per così dire “accademica”, ma che si propone piuttosto di individuare, studiare e verificare un sistema metodologico complementare, globale e non particolaristico, che ponga al centro del suo interesse non l’uomo-organo da curare, ma l’uomo nella sua integrità mente-corpo-anima.

 

Medicina umanistica per rivendicare alla medicina quel ruolo di arte capace di ricomporre un’armonia incrinata dal male, ruolo che le era stato riconosciuto dalla cultura rinascimentale e che fu proprio di tutte le culture che alla medicina hanno affiancato una rigorosa indagine filosofica e spirituale sull’uomo.

 

Se ci si colloca in quest’ottica, da cui purtroppo la medicina occidentale si è allontanata progressivamente e inesorabilmente, così come si è allontanata dal rapporto affettivo col paziente, si recupera una diversa visione del problema salute.

La malattia quindi non apparirà più come una mera affezione interessante una parte del corpo umano, ma come la manifestazione di una condizione disarmonica generale di cui l’affezione è la manifestazione patologica più evidente.

 

Nello stesso modo, il paziente sfuggirà al rischio di essere visto come organo malato e si proporrà al medico nella sua interezza individuale.

Questa sarà l'unica possibilità di guarire l'uomo malato e non solo di curarlo.

 

Come ha ben evidenziato Foucault, la storia della medicina occidentale è metaforicamente la storia dello sguardo del medico che si posa sul malato: a seconda di come egli lo guarda, il malato si riduce a corpo della malattia, organo separato su cui operare, o si impone come essere che soffre e a cui va ridata l’armonia perduta.

 

Credo che sia fondamentale quindi lo sguardo del medico umanista, di colui quindi che non fa medicina delle malattie, ma medicina per e dell’uomo.

Il medico umanista non deve solo conoscere le pubblicazioni scientifiche, ma il suo sapere deve essere ben più ampio, complesso e variegato.

Il medico umanista deve diventare "guaritore" nel senso autentico del termine, conoscendo e abbracciando il corpo, la mente e lo spirito di chi si rivolge a lui.

 

Del resto lo sosteneva già Platone: esistono due tipi di medicina: quella adatta agli schiavi per i quali è sufficiente eliminare i sintomi, dato che essi devono tornare quanto prima al loro lavoro e la medicina per gli uomini liberi, attenta non solo ai sintomi ma anche all’anima e alle relazioni che il malato ha con il mondo esterno.









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