TU PUOI SCEGLIERE DA CHE PARTE STARE
mente (cervello)
19 aprile 2022
Tu puoi scegliere da che parte stare | Stefano Manera Blog

L'umanità è divisibile in categorie, tante.

Coloro che dormono e coloro che vedono; coloro che provano rabbia e coloro che questa rabbia la osservano e la rielaborano per farne cosa buona; coloro che parlano e coloro che silenziosamente fanno; coloro che giudicano e coloro che comprendono; coloro che ostacolano e coloro che aiutano; coloro che coltivano la compassione e coloro che rimangono nel freddo e cinico distacco; coloro che o sei bianco o sei nero, o sei bravo o sei cattivo.


 

Poi ci sono coloro (pochi) che devono difendere uno status quo prestabilito e coloro (tanti) che ogni giorno lottano per qualcosa, per un'ingiustizia, per un diritto, per non essere dimenticati come individui.


 

Ci sono poi alcune sottocategorie: coloro che, come dei tappi di sughero, galleggiano e si fanno trascinare dalla corrente.

Sono i pavidi, gli ignavi, coloro che non prendono mai posizione.

Sono «l’anime triste di coloro che visser sanza infamia e sanza lodo», come scrisse Dante, rimanendo per l'intera esistenza in attesa, in anticamera, in panchina.

Questa sottocategoria rappresenta la maggioranza, come quelle formiche che trascorrono la loro intera vita a percorrere sempre la stessa strada, portando su di loro, probabilmente in maniera del tutto inconsapevole, carichi eccezionali, nel nostro caso, quasi mai destinati al bene comune.


 

Esiste poi una grande sottocategoria: coloro che hanno perso la fiducia e la speranza.

Sono coloro che si sentono sconfitti, per i quali ogni nuovo mattino rappresenta una nuova sfida o una nuova formidabile ondata di dolore.

Sono gli emarginati, gli invisibili, quelli che non contano più nulla.

Coloro che quando li incontriamo, ci spezzano il cuore e lo fanno sanguinare.


 

Vorrei dirvi che non dobbiamo mai perdere la fiducia.

Dobbiamo tenere ben presente che la qualità della nostra fiducia è misurata dallo stato della nostra vita: dall'amore che abbiamo per noi stessi, dalla profondità dell'intimità delle nostre relazioni più importanti, dalla gioia con cui affrontiamo la vita.


 

Oggi ho forse capito che possiamo fare una terapia per lunghissimo tempo, praticare contorti percorsi spirituali, seguire guru di ogni tipo ed esplorare persino le ferite della nostra infanzia, ma a che cosa serve tutto questo se non raggiungiamo un maggior livello di consapevolezza e di vera fiducia?

Coscienza non è sinonimo di consapevolezza.

Possiamo essere coscienti e provare molta sofferenza perché comunque incapaci di muoverci, mentre la consapevolezza ci porta inevitabilmente a compiere una scelta, a praticare un cambiamento.


 

Dobbiamo poter finalmente utilizzare le esperienze della vita, quelle che ci mettono a dura prova, così che diventino occasioni per aprire il nostro cuore anziché chiuderlo.

Molto spesso, quando veniamo feriti, ci chiudiamo con le persone, con noi stessi e con la bellezza del mondo.

Questa chiusura è molto dolorosa e spesso è alla base di molti disturbi.

Quando ci chiudiamo, ci ritiriamo in uno spazio di profonda sfiducia e guardiamo al mondo e alla gente attraverso un piccolo foro.

Siamo come animali feriti che spiano il mondo con sospetto dalla loro tana.

Quando ci troviamo in questo stato di animali feriti, ricicliamo in continuazione gli stessi pensieri e le stesse credenze, finendo magari per abituarci a una vita di accuse, di isolamento, di rancore, di emarginazione.

Così lo spazio interiore infantile, ingannato e ferito ha solo bisogno di ottenere nuovamente la nostra comprensione, la nostra compassione e il nostro amore.

 

Quando veniamo feriti, questa parte può rimanere attaccata al risentimento con tenacia formidabile, ma questa parte non è assolutamente la nostra identità.

C'è infatti un altro aspetto: la nostra coscienza più profonda e più saggia.

Quest'altra parte ci può aiutare a passare gradualmente dalle aspettative, dalle accuse e dalla negatività a una più profonda responsabilità.

Ci può infatti insegnare ad accogliere le tensioni e le frustrazioni come opportunità per andare più in profondità, per crescere, migliorare, maturare e, se saremo tenaci, persino diventare saggi.

Può insegnarci a vivere la vita con amore, nutrendo il sentimento del perdono, cioè insegnarci ad abbandonare quello zaino pesantissimo che non sapevamo forse nemmeno di portare.


 

Ho pensato a tutto questo riflettendo su quanto è accaduto in questi anni e quanto sta accadendo in questi giorni così densi.

Perché ho deciso, comunque vadano le cose, che mai vorrò far parte del sovrappopolato girone degli ignavi e che farò di tutto per non perdere la speranza e la fiducia.









web design